Una campagna promossa dall’associazione di difesa della spigola «Save Our Sea Bass» nella regione inglese del Sussex ha come scopo la creazione di una ‘Net Free Zone’, una zona di mare libera dalle reti a ridosso della riva con la doppia finalità di tutela degli ambienti sensibili delle acque antistanti la battigia e di sostegno e valorizzazione della pesca ricreativa da terra. La stessa idea viene condivisa dai pescatori ricreativi di tutta la UE e anche in Italia ci sono stati segnali in questa direzione. Una tra le proposte inviate negli ultimi anni dalle rappresentanze della pesca ricreativa agli uffici del Mipaaf per la revisione della normativa sulla pesca marittima considerava infatti il problema delle reti da posta usate a ridosso degli arenili e delle foci. Il Ministero ha sempre ignorato le richieste di revisione normativa e nello specifico la proposta era proprio quella di istituzione di una distanza minima dalla riva per le reti. Una proposta appropriata e inevitabile, anche se inevitabilmente destinata a forti resistenze da parte della pesca commerciale. Tra i principi costitutivi di un approccio aggiornato alla gestione della pesca marittima dovrebbe infatti esserci quello per cui una fascia di mare a stretto contatto con la riva deve essere zona di accesso esclusivo per la pesca esercitata dalla riva. La pesca ricreativa da riva viene ignorata nella logica della gestione commerciale della pesca, che ha come riferimenti le flotte, i tonnellaggi e i cavalli motore. Ciò nonostante la pesca ricreativa da terra ha un risvolto economico e sociale di fortissimo rilievo lungo tutte le nostre coste e per tutte le nostre culture tradizionali. In un approccio pragmatico, se una norma di esclusività non potesse essere direttamente estendibile a tutte le coste, dovrebbe essere una collaborazione tra Ministero, autonomie locali e portatori di interessi a definire i criteri e a operare l’applicazione di una classificazione delle acque di battigia ai fini della gestione delle attività di pesca.
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