Nell’ultimo scorcio dell’anno orribile che ci siamo da poco lasciati alle spalle augurandoci che resti un caso isolato, ha fatto notizia un caso di bracconaggio. Un caso per niente isolato ma viralizzato rapidamente per il coinvolgimento di un nome importante nel circuito agonistico e commerciale. Un caso che ha permesso tra l’altro alla pesca commerciale di ribadire che la pesca ricreativa in mare è piena di illegalità. Tutti ne hanno in qualche modo discusso con opinioni che vanno dalla condanna netta a varie forme di solidarietà. Proprio questa solidarietà merita attenzione e mostra abbastanza chiaramente la persistenza di un problema, di una specie di peccato originale della pesca ricreativa. Talmente tanto ne è stato detto che non serve ripetere la trafila del pesce da mangiare, dei cappotti e delle giornate che ripagano, della frenesia del momento e compagnia bella. Si sa che i controlli sulla pesca sono molto scarsi e che esiste un fenomeno diffuso di bracconaggio in mare. Si sa inoltre che nelle comunità locali le cose si vengono a sapere, che spesso tutti sanno, eppure i bracconieri raramente vengono scoperti, come se in qualche modo per quanto possano essere criticati vengano in sostanza tollerati. A quanto pare, per chi ha competenza, per chi sa dove come e quando sfruttare le risorse, può diventare una tentazione farlo e alla fine non sono pochi quelli che considerano inevitabile che il fenomeno esista in tante forme. Un’infrazione da decine di chili di orate può anche far sentire meno colpevole chi occasionalmente, ovvero quando riesce a prendere abbastanza, infrange il regolamento; se poi lo fa un personaggio pubblico osannato per anni al quale si deve riconoscere una bravura fuori dal comune, il senso di colpa può svanire del tutto, alla faccia di chi i pesci li rilascia davvero, anche di misura, anche se ne prende pochi. Le orate, quelle grosse, si radunano per la riproduzione e se sei bravo ne fai una dietro all’altra. Il fatto di cronaca parlava di 48 kg in due pescatori, pare fossero una ventina di pesci. Tutto da dimostrare, ma sarebbero in pochi a mettere la mano sul fuoco che le pescate strabordanti non portino al commercio illegale del pescato, in special modo quando ci sono pescatori a cui capita frequentemente. Fino a qui c’è il lato oscuro, quello del bracconaggio vero e proprio e dello scandalo. Sull’altro lato ci sono i pescatori per così dire normali. Tra questi ce ne sono certamente sempre di più che non solo rispettano i regolamenti ma se ne fanno di propri, maggiormente restrittivi. Se la legge permette di portare a casa cinque chili di spigole di 25 cm la nostra etica ci suggerisce facilmente che si tratta di una regola assurda. Ma non solo, perché siamo anche sempre di più a capire l’importanza del ridurre l’impatto, ad esempio rilasciando non solo le comuni spigolette di misura ma anche qualche raro grande riproduttore. C’è evidentemente chi, invece, i grandi riproduttori li va a cercare per il valore commerciale e il problema, checché ne dicano i pescatori commerciali che mettono le reti davanti alle foci, è a danno dei ricreativi, tutti. E, va detto, c’è anche chi la legge la rispetta facendo ugualmente danno, ad esempio con i carnieri di spigole e orate appena di misura legale, e la rispetta essenzialmente perché non cattura abbastanza da avere occasioni per violarla. Chi porta via una decina di spigole legali, da una spanna, cosa farebbe se fossero tutte da un paio di chili? Oltre a farci fare figuracce, tutta l’illegalità collegabile alla pesca ricreativa il danno, oltre e più che alla pesca commerciale, lo fa a tutti i pescatori ricreativi.
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