In giro per l’Europa e per il mondo i pescatori si organizzano. L’ultima notizia viene dalla Spagna, dove si è costituita con intenzioni bellicose l’Alleanza spagnola della pesca ricreativa sostenibile APERS (Alianza de Pesca Española Recreativa Sostenible), un’importante novità dalla quale ci si aspetta sorga un rinnovato impulso per le politiche della pesca ricreativa in ambito mediterraneo. La domanda che viene da porsi è: perché da noi no? Da noi come sappiamo ci sono molte sigle associative, delle più grandi a quelle locali e alla fine quello che vediamo è un panorama vario e ricco ma diviso e di norma animato più da conflitti che da collaborazioni. La stabilità del consenso e della rappresentanza associativa proviene principalmente dalla difesa dei diritti acquisiti, mentre i valori dei variegati e disorientati panorami delle nuove tendenze e delle nuove esigenze sono un salto nel buio. Quindi le forze maggiori si sforzano ancora e con ostinazione di sostenere uno scenario consumato dal tempo e dagli eventi, provando a creare nuove illusioni e contando sulla mancanza di memoria, di confronto ragionato sia con il passato che con altre realtà geografiche. Per tanti aspetti sembra di essere restati ingessati sugli anni Settanta e che aspirazioni e richieste di spazi restino gli stessi di mezzo secolo fa. Certo in tanti casi, solo per fare un esempio, non si immettono trote alla cieca come si faceva una volta, ma la domanda di pesca non è cambiata molto e infatti alla fine si sente proporre di fare immissioni finalizzate alla pesca ricreativa anche in mare. L’esempio spagnolo ci mostra per l’ennesima volta che un ambito di interesse così specifico come quello della pesca richiede collaborazione effettiva, confronto, sintesi, condivisione, e questo si ottiene solo unendo le forze intorno a obiettivi comuni di facile comprensione. Ci riuscirà mai qualcosa del genere? Certo non si può dire che la Spagna sia un altrove lontano come si continua a ritenere che siano tanti paesi di cultura anglosassone o scandinava. Non è neanche che in Spagna ci siano condizioni di acque troppo diverse dalle nostre, non ci sono lande desolate dove si va a pesca con l’elicottero. Eppure mentre loro ci provano e sembra anche che ci riescano, da noi il settore rimane non solo frammentato ma in perenne conflitto interno, talvolta palese, il più delle volte silente e dissimulato. Chi mantiene questo approccio lo fa per interesse di parte e per cambiare le cose occorrerebbe che fossero i pescatori a prendere un’altra strada. Peccato che non si possa contare su una partecipazione di base davvero estesa e orientata a un’evoluzione del settore per interrompere la crisi, che rischia di ridimensionarlo drasticamente. Quello su cui possiamo contare è solo una rappresentanza illuminata e dotata di mezzi, con obiettivi chiari di rinnovamento, che operi per adeguare la gestione a un contesto molto cambiato: chiunque abbia modo di incoraggiarla fa opera di bene.
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