Quando le istituzioni si occupano di pesca ricreativa, abbiamo imparato che c’è da preoccuparsi: in genere, se non sempre, le novità sono o almeno sembrano essere a danno dei pescatori ricreativi. Va detto però che se da una parte il settore ricreativo è ingiustamente penalizzato, dall’altra gli sarebbe salutare avere maggiori restrizioni e controlli. Se normalmente gli uffici competenti sono muri di gomma, in periodo di stallo politico diventa giustificata la chiusura della saracinesca. Certo saranno inevitabili, e saranno nel frattempo arrivati, un provvedimento per la stagione di pesca del tonno rosso e l’ennesima proroga a scoppio ritardato della Comunicazione obbligatoria per la pesca in mare, che è ormai diventata un feticcio usato per coprire la vergogna del completo abbandono delle sue finalità e per dare tempo al progetto della licenza onerosa. Ma ad inizio maggio non si capisce perché, visto lo stallo politico e il conseguente rinvio della questione licenza, non si sia ancora provveduto con la proroga a tutto l’anno in corso, se non altro per rispetto di un’utenza superiore al milione di cittadini. A parte le incombenze inderogabili, c’è quindi da aspettare che la situazione politica si stabilizzi e da sperare in meglio: ma cosa potrà essere questo meglio? Perché, come dicevamo, il rischio è che la fine dello stallo porti solamente provvedimenti negativi per la pesca ricreativa, motivati essenzialmente dalla strumentalità agli interessi della pesca commerciale o comunque a interessi di tipo commerciale. Il settore ricreativo sembra spesso trovare unità solo nella contrapposizione con la pesca commerciale, ma è ogni giorno più evidente che deve anche imparare a guardarsi allo specchio e immaginare un percorso di sviluppo integrato. Non immaginare solo restrizioni alla pesca commerciale che diano spazio a quella ricreativa, ma anche una propria evoluzione culturale che inizi dal contrasto alla miriade di fenomeni più o meno gravi di infrazioni ai regolamenti. La differenza per un percorso intelligente è tra provvedimenti restrittivi e provvedimento penalizzanti, dove i primi intervengono a favore del settore, i secondi a suo discapito. Certo a sentire pescatori e operatori economici della pesca ricreativa il problema gira su se stesso e resta quello di cosa sia a favore e cosa contro alla pesca ricreativa. Vale per il mare ma anche, in diversa forma, per le acque interne e il motivo probabilmente sta nel fatto di non riuscire a lavorare sull’esperienza acquisita negli ultimi decenni o nel non volerlo fare, nel lavorare sull’immediato invece di leggere le dinamiche, nel difendere le macerie invece di iniziare a costruire qualcosa di nuovo.
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