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Pescatori ricreativi e cambiamenti climatici

I cambiamenti climatici hanno un effetto diretto sia sugli ambienti umidi sia sul settore della pesca ricreativa, causando cambiamenti nella distribuzione delle popolazioni ittiche, eventi meteorologici estremi, cambi nel deflusso dei fiumi, aumento delle temperature ecc. Il settore è particolarmente attivo con progetti di mitigazione di questi impatti, ma un’adeguata politica europea, con finanziamenti e ricerca, è cruciale per sostenere l’adattamento del settore stesso. In preparazione della UN Climate Change Conference (COP26 - novembre 2021 Glasgow), i parlamentari europei Niclas Herbst (Germania, EPP Group) e Franc Bogovič (Slovenia, EPP Group) hanno presieduto lo scorso 7 settembre il webinar dell’European Parliament Forum on Recreational Fisheries and Aquatic Environment (www.eaa-europe.org/european-parliament-forum) per discutere gli impatti dei cambiamenti climatici sul settore della pesca ricreativa. Tutti devono prepararsi ad adattarsi e a mitigarne gli impatti. Per il settore della pesca ricreativa questo significa capire meglio come i cambiamenti climatici interessino il mare, i fiumi, le popolazioni ittiche e gli equilibri degli ecosistemi, e come preparare il settore e le comunità. Alcune specie si sposteranno dai loro ambienti tradizionali e alcune saranno direttamente minacciare dai cambiamenti nel loro ambiente. Ci sarà bisogno di sviluppare nuove attività per rispondere a questi fenomeni e potranno risultarne nuove fonti di reddito per le comunità rurali, costiere e delle aree remote. I cambiamenti climatici possono essere identificati tra le maggiori cause di perdita della biodiversità. Il problema non è solo quello dell’aumento delle temperature medie, ma anche degli estremi di basse e alte temperature nelle diverse stagioni, anche in periodi tempo molto brevi, che possono avere effetti drammatici sull’ambiente.
Per le acque interne è illuminante l’esempio di un fiume conosciuto ed amato da molti pescatori a mosca italiani, la Sava, che aveva una temperatura massima di 18 °C negli anni 50, mentre negli anni 2015 e 2016 è stata registrata fino a 26 °C nei pressi del confine croato. Il dato delle temperature medie è importante, ma come sottolineato dal parlamentare europeo Franc Bogovič, se la temperatura sale troppo in un pomeriggio di agosto, questo è sufficiente per far morire tutti i pesci. L’impatto antropico sui fiumi comprende i cambiamenti della morfologia del letto (profondità dimensioni, lunghezza, estrazione di inerti) e la vegetazione riparia. Per costruire la resilienza è quindi essenziale considerare il fiume non come un canale ma tenendo conto di tutto l’ecosistema, della zona riparia e degli acquiferi alluvionali che agiscono come sistemi di raffreddamento.
Per il mare è stato riportato uno studio sul Mare del Nord che si sta riscaldano più velocemente della media mondiale e che per questo funziona da campanello di allarme. Circa due terzi delle specie ittiche del Mare del Nord si sono già spostate sia in termini di latitudine (verso nord) o in profondità. Alcuni esempi di minacce ed opportunità conseguenti:
• merluzzo: specie iconica, ora assente dal Mare del Nord meridionale a causa dell’aumento di acidità e delle temperature più alte;
• sgombro: come per il merluzzo, la specie si sta spostando a nord con un impatto su tutta la catena alimentare del Mare del Nord;
• spigola: l’areale si sta espandendo creando nuove opportunità per i pescatori ricreativi di riempire il vuoto lasciato dal merluzzo, ad esempio in Scozia;
• tonno rosso: la specie si sposta verso nord in gran numero e può adesso essere pescata lungo le coste di Norvegia, Svezia e Danimarca.
Questo può rappresentare una importante opportunità per il turismo della pesca ricreativa. Ci si è chiesti cosa può avvenire in seguito, con la comparsa di nuove specie nel canale d’Inghilterra a coprire la nicchia lasciata vuota dal merluzzo e ad offrire nuove opportunità occupazionali per le comunità costiere. Olivier Portrat (CEO, EFTTA - European Fishing Tackle Trade Association - www.eftta.co.uk) ha riassunto i punti chiave dell’incontro come segue. Nell’Atlantico gli ecosistemi marini sono già fortemente colpiti dallo spostamenti di popolazioni ittiche verso nord (es. merluzzo, sgombro). Ciò significa che i pescatori ricreativi dovranno adattarsi a nuove specie o cambiare zona di pesca, creando ulteriori opportunità per le comunità costiere o di aree remore. Nelle acque alpine, alluvioni e piene colpiscono le popolazioni ittiche e i loro ambienti. I pescatori ricreativi hanno davanti sfide simili a quelle dell’Atlantico. La crescita di specie alloctone, come il siluro nell’Europa occidentale, dovrebbero essere benvenute ai pescatori ricreativi. La predazione sulle popolazioni ittiche aumenta con i cambiamenti climatici: gli uccelli prima migratori come gli aironi, i cormorani e gli smerghi, stanno diventando sedentari, con un forte impatto sulle popolazioni ittiche di cui si nutrono. I pescatori ricreativi stanno agendo in modo responsabile, accettando ulteriori regolamentazioni e restrizioni, ma anche attivamente, ad esempio attraverso il recupero ambientale e le attività di ripopolamento.
Occorre che il tema dell’adattamento ai cambiamenti climatici venga diffuso e che se ne capiscano gli impatti a livello politico. Occorre che la UE finanzi la ricerca. A commento si possono evidenziare due punti critici che ci riguardano, rispettivamente per la gestione in acque interne e per la situazione nei nostri mari. Nel primo caso colpisce come EFTTA, per bocca del suo massimo dirigente, sdogani la presenza degli alloctoni invasivi. Un’estensione del principio di adattamento in base al quale, visto che le condizioni sono avverse, meglio cominciare ad apprezzarle, il che in soldoni sembra significare che è meglio lasciar perdere l’impegno per contrastare il degrado visto che possiamo adattarci. A dispetto delle posizioni politicamente corrette di EFTTA, sembra qui di leggere la conferma di una tendenza, mai rinnegata da una parte consistente del mercato delle attrezzature da pesca, ad alimentare il mercato del settore sulla base delle condizioni contingenti, eventualmente valorizzandole, ovvero facendolo indipendentemente dagli impatti ambientali. Il grave problema delle specie aliene invasive, che è già stato abbondantemente trasformato in opportunità di mercato, viene quindi adesso declassato anche nelle esternazioni pubbliche in scia all’appello per l’adattamento ai cambiamenti climatici? Se fino adesso si trattava di alloctoni a cui i pescatori si erano trovati forzati ad adattarsi, adesso gli si indica direttamente che dovrebbero gradirli, e si immagina facilmente quello che può conseguirne. Gli alloctoni benvenuti ai pescatori dovranno essere difesi e sostenuti, magari anche diffusi? Inevitabile, se non che in gran parte è già accaduto e che forse sarebbe più saggio adesso sforzarsi per salvare il salvabile, per recuperare il recuperabile e per puntare a un modello di pesca basato su valori di cui tutti da decenni si riempiono la bocca salvo intanto cercare di fare cassa con quello che passa il convento. Da un altro lato, l’attenzione per le acque interne alpine e per i mari del nord lascia il dubbio su quanto gli stessi problemi legati ai cambiamenti climatici stiano colpendo il Mediterraneo e le acque interne della parte meridionale del continente europeo. Un dubbio non esattamente peregrino se è vero che, per prendere giusto la situazione italiana, siamo in costante emergenza, oggi a nord domani a sud, oggi con siccità estreme, domani con alluvioni devastanti. Abbiamo un posto in prima fila tanto per rischio di desertificazione quanto per dissesto idrogeologico e chissà come andrà per i pesci e, certo, anche per i pescatori.

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