È del marzo scorso la notizia di plateali manifestazioni di piazza dei pescatori commerciali dell’associazione Marinerie d’Italia e d’Europa contro la legge che ha depenalizzato alcune infrazioni ai regolamenti ma anche drasticamente alzato le sanzioni amministrative. I politici, gli stessi che avevano votato la norma contestata, si sono affrettati a mostrare disponibilità ad attuare correttivi e a dare risposta al malcontento sceso in piazza con misure di sostegno della pesca commerciale. A questo fine, la proposta di legge che non era riuscita a essere approvata nel 2016 è stata velocemente calendarizzata per i passaggi istituzionali e, incidentalmente o meno, vi è prevista l’istituzione della licenza ricreativa a pagamento con l’aggravante della destinazione dei proventi principalmente a favore della pesca commerciale. L’idea a monte della licenza onerosa e di questa destinazione dei relativi proventi è stata esaurientemente criticata, ma può essere sconfitta se la gestione del comparto resta in balia dei venti politici e corporativi evitando la partecipazione dei portatori di interessi della pesca ricreativa, ma anche e soprattutto la valutazione scientifica e tecnica del settore e dei suoi rapporti con le altre componenti del comparto. L’allarme del settore ricreativo è giustificato, ma rischia di considerare il problema solo per la destinazione dei proventi. Certamente è l’aspetto più scandaloso della proposta, ma è necessario considerare alcuni fatti.
La licenza di pesca ricreativa in mare viene richiesta come strumento di indagine scientifica e questo era e teoricamente resta lo scopo della Comunicazione obbligatoria (gratuita) che ci portiamo dietro dall’ormai lontano 2011 senza che sia mai stato tenuto fede agli impegni presi dal Ministero per la ricerca. La soluzione alternativa di una licenza onerosa che destini i proventi alla pesca ricreativa, oltre a contraddire sia la norma contestata che le richieste del mondo scientifico, ci espone al rischio di una ulteriore ghettizzazione, accettando un principio di subalternità, perché la pesca ricreativa avrebbe già meccanismi di finanziamento che al momento sono semplicemente negati. Chiedere una licenza per finanziare la pesca ricreativa in questo contesto potrebbe quindi voler dire darsi la zappa sui piedi, perché l’ostacolo non è la mancanza di risorse per la gestione, ma l’opposizione di principio a considerare la pesca ricreativa nelle politiche di comparto. La discussione su una licenza a nostro favore è aperta, ma potrebbe trovare una vera soluzione solo a valle della ricerca scientifica sul settore e di appropriate consultazioni tra i portatori di interessi. Tra gli scenari più probabili in questo caso virtuoso potrebbero esserci quello di un giudizio negativo sulla opportunità di istituzione di una licenza onerosa per un danno di ricaduta economica sul settore, oppure quello positivo per una licenza che, senza pesare sull’economia, unisca un ruolo di responsabilizzazione e partecipazione dei pescatori a uno di ‘incremento’ delle risorse per la ricerca e la gestione. Interessante discuterne, se non fosse che quello attuale, per il settore ricreativo, appare essere il peggiore dei contesti possibili per cedere terreno con controproposte di mediazione prima di avere dati autorevoli su cui confrontare le posizioni. I richiami alla mobilitazione del settore ricreativo sono una risposta inevitabile e necessaria ma se manifestare rumorosamente a Roma sembra essere diventato l’unico modo per richiamare l’attenzione dei politici, la pesca ricreativa è restia alle trasferte con i pullman che arrivano da tutta Italia e che causano le citazioni sui quotidiani importanti favorendo reazioni allergiche nell’arco costituzionale. Sarà davvero questo l’unico strumento rimasto per mettere in relazione un milione di cittadini e di elettori con le segreterie politiche che non rispondono alle e-mail o che concedono a fatica inutili incontri tecnici nei corridoi senza sapere niente dell’argomento trattato e senza nessuna intenzione di conoscerlo? Non sappiamo quanto ci vorrà ma, se non è già accaduto mentre leggete e se il settore ricreativo non riuscirà a pesare sulla politica, c’è il rischio concreto che alla fine avremo la nostra licenza a pagamento, senza nessuna ricerca e senza nessuna misura di gestione a nostro favore, anche, e forse soprattutto, perché pare che non ci siano parlamentari che nel fine settimana vanno a pesca per diletto, a rappresentare i tanti che invece lo fanno.