Da ormai troppo tempo i pescatori ricreativi chiedono una revisione delle normative per quanto riguarda sia la pesca in mare che quella in acque interne. Negli anni si sono susseguite varie proposte di legge che non hanno avuto seguito e che del resto non avevano velleità di fornire strumenti efficaci per una reale evoluzione della gestione. L’ultima proposta organica di legge quadro per le acque interne è cosa recente, ancora in attesa di intraprendere l’iter previsto. La proposta è sostenuta pienamente dalla Fipsas e del resto pone la stessa Federazione in una posizione privilegiata di rappresentanza del settore. Le critiche che sono circolate tra i pescatori si riferiscono infatti principalmente a questo elemento, mentre non si è visto altrettanto interesse per i contenuti qualificanti per un’evoluzione dell’impostazione gestionale. Tra questi, ad esempio, questioni centrali come i ripopolamenti, la classificazione delle acque, le concessioni.
Ripopolamenti. Siamo talmente abituati a questo termine che ormai tutti ne fraintendono il significato, usandolo per indicare tutte le immissioni. Il ripopolamento è tale quando è una misura una tantum finalizzata a ricostituire una popolazione ittica in crisi, in modo che torni ad automantenersi. Una pratica scomoda, perché per attuarla bisogna programmare di regolare la pesca in modo da non vanificare il ripopolamento stesso e da non doverlo fare nuovamente, perché allora non è più un vero ripopolamento ma solo un’immissione per la pesca, non importa se si immettono avannotti o pesci adulti. La previsione delle attività di ripopolamento come centrali per la gestione è quindi discutibile, perché si tratta di norma di immissioni che impostano la gestione sulla base dell’introdurre pesci per sostenere o migliorare la pescosità. Una pratica molto comune e anche abusata, tanto da essere la causa della diffusione delle specie aliene in tutte le nostre acque interne. Se dal punto di vista ambientale il problema può essere molto mitigato con buone pratiche, forse dovremmo anche chiederci se è davvero questo il modello di pesca che vogliamo continuare ad avere nelle nostre acque pubbliche.
Classificazione delle acque. Sembra abbastanza evidente che l’uso contemporaneo di più di un parametro e di parametri fuori scala per classificare diverse tipologie di acque ai fini della pesca rende difficile coprire adeguatamente tutti i contesti. In particolare il ‘pregio’ è una categoria limitante che dovrebbe essere legata sia alle pratiche di pesca che allo stato dei luoghi e delle popolazioni ittiche, ma anche ai rispettivi potenziali. Dove il pregio manca per determinate cause, la gestione dovrebbe operare per recuperarlo. La previsione di immissioni di specie non autoctone nelle acque considerate ‘fortemente alterate’ rischia di dare un forte incentivo a classificare come tali molti corpi idrici, visto che molta parte delle nostre acque interne del piano ha effettivamente popolazioni ittiche fortemente alterate a causa se non altro delle specie aliene invasive.
Concessioni. Il meccanismo delle concessioni, opportunamente rinominate come ‘affidamento in gestione’, ripropone uno schema solo parzialmente virtuoso. Se le pubbliche amministrazioni vogliono scaricare la gestione sulle associazioni dovrebbero farlo nella forma di una delega di funzioni tecniche, prevedendo non solo di permettere la creazione di riserve, ma di far gestire in modo integrato anche le acque a libero accesso. Dove per decenni i proventi delle licenze di pesca hanno permesso una dispendiosissima politica di immissioni a perdere, adesso, in un regime di gestione degli stock selvatici, le stesse risorse permetterebbero ampiamente di sostenere i costi di gestione in un meccanismo di affidamento integrato alla gestione su scala di bacino.
Il testo della proposta è ricco di altre occasioni per lo sviluppo di un dibattito, ma per tornare a quella che è stata sentita come maggiore pietra di scandalo della proposta, la citazione in chiaro della Federazione in tante parti del testo sembra superflua, visto che bastano le dimensioni e la diffusione territoriale ad assicurare la forza di rappresentanza. La proposta dovrà certamente vedersela con i pesi che graveranno sui politici, che di norma non conoscono l’argomento, che non ne sono interessati, che non hanno intenzione di approfondirlo e che raramente sono costretti ad occuparsene. Visto quanto è comune l’inquinamento della politica da parte di interessi particolari, sarebbe provvidenziale avere qualche politico di peso davvero appassionato di pesca.
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