La gestione della pesca si occupa di tante cose diverse suddividendo tipi di pesca, stagioni e specie e dà alla pesca commerciale una vera prelazione per lo sfruttamento delle risorse anche se in linea di principio il diritto di fruizione è a favore dei cittadini, di ognuno di noi, certo per proprio uso e seguendo regole che evitino che ci se ne approfitti. La fruizione individuale delle risorse della pesca si chiama pesca ricreativa e ad essa finiscono per essere riconosciuti spazi solo residuali. Una strada per vedersi invece riconosciuti degli spazi, per così dire, identitari, ce la sta indicando il Regno Unito, dove questo dibattito ha una storia consolidata. La pesca commerciale nei mari nord europei è in gran parte mirata a singole specie ittiche, mentre da noi specialmente la piccola pesca costiera mira in genere a varie specie contemporaneamente. Questa differenza generale viene utilizzata per scartare a priori l’idea che nei nostri mari si possa pensare a una gestione mirata su singole specie costiere di particolare interesse. Oltremanica si è vista invece dichiarare e festeggiare una nuova alba per la gestione della pesca, dopo il Fisheries Act del 2020 e la dichiarata ambizione del governo di far diventare le proprie zone di pesca World Class. In tale contesto uno dei primi piani di gestione specifici ad essere sviluppato riguarda, guarda caso, la spigola. Lassù come quaggiù, la spigola è infatti una di quelle specie che riguardo alla pesca ricreativa vengono definite iconiche. Certo non è solo una questione di immaginario dei pescatori ma anche di economia, lasciando stare tutto quel che riguarda gli aspetti ambientali e sociali direttamente collegati. Ovvero, a parte che anche gli inglesi amano la pesca della spigola, loro si sono convinti che gestirla adeguatamente conviene.
Forse da noi il problema è affrontare l’argomento, nel senso che tutto un sistema consolidato neanche si sogna di prenderlo in considerazione. E il fatto che un sistema così ben consolidato sia in crisi, invece che aprire al confronto favorisce la chiusura degli interessi commerciali a difesa delle proprie prelazioni di sfruttamento. Del resto se anche, come probabile, non ci fosse un vero vantaggio economico, la pesca commerciale neanche si sognerebbe di precludersi il pieno diritto di sfruttamento di tutti gli spazi e di tutte le specie. Anche la pesca ricreativa da noi è spesso rivolta a diverse specie e probabilmente per il nostro mare sarebbe meglio pensare un possibile miglioramento della gestione partendo dalle zone di pesca piuttosto che dalle specie ittiche. Assumerne una o più a bersaglio specifico per la gestione mirata alla valorizzazione della pesca ricreativa potrebbe però avere un senso di maggiore portata. Potrebbe infatti essere un obiettivo di scala nazionale (come nel Regno Unito) da integrare in un sistema di gestione spaziale. Fatto sta che non si sente parlare di niente del genere. Anzi, fa gran notizia ad esempio che un funzionario pubblico dopo lunga attesa programmi di individuare zone dove si può pescare dentro a un grande porto. A pensarci un po’ sembra strano che non si sviluppi un dibattito utile ma, proprio a pensarci, ci si accorge anche che da molti decenni non si riesce neanche a rinnovare la legge nazionale che tutti sono d’accordissimo a considerare obsoleta. Magari è un problema di rappresentanza, visto che con ogni probabilità i pescatori ricreativi chiederebbero che si insista su questi temi. Anzi che se ne faccia l’argomento centrale.
Si pensava forse che dimostrare che siamo tanti, che mobilitare insieme associazionismo e comparto economico, che ricevere apprezzamento e impegni generici davanti a qualche poltrona politica, potesse, se non risolvere, almeno aprire una strada. Chiaro che il problema sta altrove ed è sempre lo stesso. La pesca commerciale fa sfruttamento delle risorse ed è il soggetto principale della gestione, che mira alla sua tutela. Nella pesca non commerciale come viene considerata nelle sedi istituzionali, quella che noi intendiamo come pesca ricreativa è una parte non significativa e per questo trascurabile. Una serie di equivoci ognuno dei quali a guardare bene ha le sue buone ragioni. Ed è questo il primo dei motivi per cui sarebbe fondamentale un dibattito istituzionale sul tema, ma anche il primo per cui viene accuratamente evitato.
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